Written by 17:06 La Repubblica, Media

Due anni fa ci lasciava Giovanni Buttarelli, un faro nel mondo della privacy

A due anni dalla sua prematura scomparsa l’assenza di Giovanni Buttarelli si fa sentire. Un ricordo di Vincenzo Tiani.

Giovanni Buttarelli

di Vincenzo Tiani

Due anni fa ero in vacanza a Berlino quando mi arrivò un messaggio dell’amico Rocco Panetta che mi dava una terribile notizia: Giovanni Buttarelli ci aveva lasciato. Era una notizia che speravo di non ricevere visto che l’allora uscente Garante Europeo della Privacy aveva annunciato la sua ricandidatura nonostante una terribile malattia che gli dava non pochi problemi, anche se lui non lo dava a vedere. Aveva negli ultimi tempi limitato i suoi interventi in presenza agli eventi di settore ma anche in video era sempre una fortuna poterlo ascoltare. Buttarelli, che era un magistrato, aveva lavorato fianco a fianco con Stefano Rodotà al Garante della Privacy italiano e aveva contribuito sin da subito con lui a formare l’Autorità italiana prima e quella europea poi. Tanti i racconti a riguardo di Rocco Panetta, founder dello studio legale dove lavoro e allora anche lui nel team con Rodotà e Buttarelli al Garante tra Roma e Bruxelles.

Purtroppo non ho avuto la fortuna di essere un amico di Giovanni, ma ci eravamo incontrati in diverse occasioni a Bruxelles e sempre mi aveva colpito la sua affabilità e disponibilità nel rispondere alle mie domande sulla privacy e su quel GDPR che si stava facendo largo nel mondo. La prima volta accadde cinque anni fa quando venne come ospite al master dove studiavo e per cui mi ero trasferito a Bruxelles. Il GDPR, il regolamento europeo per la protezione dei dati personali che di lì a qualche anno sarebbe stato conosciuto e copiato in tutto il mondo, non era ancora in vigore e da studente già ne ero affascinato intuendone la portata rivoluzionaria. Una delle cose che ancora oggi mi colpisce fu come questa norma richiedesse l’adozione di un linguaggio semplice e chiaro. Fu così che, complice il fatto di parlare ad un connazionale, esordii con un “Ciao”, prima di fare in inglese la mia domanda. Da quel primo incontro approfittai di ogni evento per porgli qualche domanda attirato dalla sua capacità di rispondere con competenza, completezza e visione ad ogni dubbio mi venisse su quei temi per me, e per molti, così interessanti e spesso così complessi.

Solo qualche mese prima che se ne andasse per sempre l’avevo incontrato alla quarantesima conferenza internazionale sulla privacy che aveva organizzato a Bruxelles ottenendo il plauso di Tim Cook, allora ospite d’onore. Tim Cook ringraziava il suo amico Giovanni per quello che stava facendo, per come ispirava altri Paesi ad avere a cuore la privacy e ad adottare una normativa simile a quella europea, cosa che l’amministratore delegato di Apple si augurava per gli Stati Uniti. In quell’occasione, era l’Ottobre del 2018 e il GDPR era diventato effettivo da qualche mese, Buttarelli non si stava riposando sugli allori e già illuminava la nuova via da imboccare: stabilire un’etica sostenibile perla società digitale. Come riportai per Wired allora, non nascose le sue preoccupazioni sul fatto che l’uomo stesse delegando sempre di più alle macchine, dai droni killer agli algoritmi per decidere sentenze di condanna, alle emissioni di carbonio richieste per far funzionare la blockchain, o agli algoritmi che decidono cosa dobbiamo guardare. “Tutte pratiche che, benché legali, hanno un effetto profondo sulle persone, la società, l’ambiente, la dignità umana stessa. È ora di pensare a un chiaro codice morale”.

Quel giorno, pur sapendo fosse istituzionalmente inopportuno, chiesi a Francesco Albinati del suo staff se potessi fare una foto ricordo con lui, essendo di fatto un faro per me, per il campo che avevo scelto. Buttarelli, nonostante fosse stanco dopo le interviste, la fece volentieri “ma solo perché ero il più grande Retwittatore dell’EDPS”.

Per fortuna Buttarelli ci ha lasciato il suo Manifesto, pieno di spunti e soprattutto della sua visione, qualcosa che ho sempre apprezzato in lui perché ho sempre faticato a trovarla nelle persone che stanno nelle istituzioni che sono molto brave con i programmi ma spesso mancano di visione. In quel Manifesto non nasconde che oggi i dati sono potere e si sta creando una sottoclasse di persone che non hanno gli strumenti per difendersi dall’abuso dei loro dati personali e faticano a comprenderne le logiche sottese. Parlava dell’impatto della tecnologia sull’ambiente, della necessità di maggior diversità nei board delle società, di imporre una moratoria sull’adozione delle tecnologie pericolose, incluso il riconoscimento facciale per la sorveglianza di massa.

Ecco, questo era Giovanni Buttarelli per me, uno dei giganti della privacy che hanno fatto onore al nostro Paese nel mondo.

Articolo originariamente pubblicato su Italian Tech (Repubblica, La Stampa, Secolo XIX).

Close